Intanto, non rimanevo ozioso. Avevo una collaborazione con Telesera, ripresi col Tifone, grazie al bravissimo collega Enzo Poggi mi procurai anche dei piccoli lavori al settimanale "Totocalcio" del CONI: studiavo e lavoravo contemporaneamente, come facevano tanti altri studenti lavoratori. Era dura, ma era possibile, e non mi mancavano neanche delle piccole soddisfazioni dopo tante ingiustizie e amarezze.
Quei tre anni di studio furono per me intensi e bellissimi. Tutta la sbadataggine che avevo avuto nel primo approccio con l'Università si era trasformata in massima cura e attenzione. La mia media scolastica era modesta, e si sa che quando si presenta all'esame un libretto con voti bassi poi è molto difficile avere successo pieno. Comunque riuscii ad arrotondare la mia media, portandola intorno al 25: i mei voti di ripresa erano intorno al 27, che per quei tempi era un voto molto onorevole, specialmente in una facoltà dura come quella della Sapienza di allora, ai tempi del famigerato Ettore Paratore.
All'università ritrovai perfino qualche vecchio compagno di sei-sette anni prima, come il ben noto Mario Pinchera, che stava portando a termine un'interminabile tesi su Umberto Saba sotto la guida severa e implacabile del grande professore Giacomo De Benedetti di Letteratura Moderna e Contemporanea, e come il compagno di liceo Achille Tartaro, che stava muovendo i suoi primissimi passi di assistente di Natalino Sapegno e di Walter Binni, o come il promettente Walter Pedullà, anche lui alla corte (e poi successore) di De Benedetti.
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