Il fatto d'insegnare in un istituto di ragioneria, frequentato in gran parte da ragazze in fiore, dai sedici ai venti anni, per qualche collega del sesso forte costituiva una molla per mettersi in mostra e volere in qualche modo richiamare l'attenzione delle alunne sulla propria persona.
Per molti anni, in questo senso, nel mio istituto regnò il vicepreside, figura aitante d'insegnante di educazione fisica, scapolo incallito, tale da rifiutare per alcuni anni la corte discreta di una giovane e bella collega e poi costringerla al trasferimento in segno di resa.
Da buon pavone, però, l'insegnante in parola non disdegnava l'ammirazione di qualche alunna in tenera età, di almeno venti anni più giovane, che come si sa non manca mai d'innamorarsi perdutamente del proprio insegnante. Del tutto platonico, del resto, era l'atteggiamento del nostro galletto, che si accontentava di collezionare sorrisi e attenzione da parte delle giovanissime allieve.
Tutto bene per anni e anni, finché non capitò, nel nostro istituto, e per sfortuna nello stesso corso del vicepreside farfallone, un altro collega, altrettanto aitante e sicuro delle sue risorse fisiche, debitamente sposato e con figli, che aveva una uguale e spiccata attitudine a fare strage di cuori delle giovanissime allieve.
Tra i due, a lungo andare, sorse una vera e propria guerra fredda, fatta di gelosie e di rancori assai evidenti per noi colleghi non interessati alla medesima battaglia, o per lo meno non troppo portati a lasciarci affascinare dalle ingenue attenzioni delle nostre alunne. I due, all'inizio amici affettuosi, finirono per diventare nemici e rivali, dando vita qualche volta a scenate imbarazzanti.
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