Sapevo che non sarei tornato alla media di Via Bagnera, perché la nomina del Provveditorato di Roma richiedeva non solo la laurea, ma anche una certa anzianità di punteggio che io ovviamente non avevo. La domanda d'insegnamento l'avrei fatta invece al Provveditorato di Frosinone, dove la nomina era molto più probabile, almeno nei paesi di montagna tipo Acuto, Piglio o Trevi nel Lazio, dove tra l'altro erano le mie radici.
Ad Acuto, avrei avuto perfino la mia vecchia casa disponibile. Insomma, era come se piano piano il cerchio della mia vicenda si stesse per chiudere con un ritorno alle origini, e il ritrovamento delle radici.
Più di qualcuno, nella capitale, stava facendo lo stesso ragionamento: se uno avesse avuto l'opportunità di un buon lavoro e di un accettabile stipendio nei paesi di provincia, sarebbe stato molto meglio compiere il viaggio di ritorno dalla capitale, sempre più frenetica e invivibile, al sereno clima della provincia, a contatto con la natura. Roma, comunque, sarebbe stata sempre a contatto di gomito, a una sessantina di chilometri, ben collegata con mezzi di trasporto frequenti. Che cosa si desiderava di più?
La scuola media dell'obbligo, dal 1962 in avanti, si era ormai estesa anche ai piccoli comuni, e i ragazzi di provincia, certamente più incolti di quelli di Roma, offrivano però ancora un tessuto umano molto buono e malleabile, capace di un'educazione e di una sensibilità che in moltissime scuole della capitale non erano nemmeno lontanamente riscontrabili. Una esperta collega delle scuole superiori, Paola Raschi, dopo aver trascorso venti anni in due istituti di Palestrina, ed esssendosi poi trasferita a Roma, mi confessava che gli anni di Palestrina, sotto tutti gli aspetti, risultavano per lei indimenticabili dal punto di vista umano.
Nessun commento:
Posta un commento