Ghirelli non si riteneva un "qualcuno", avrebbe voluto essere citato per nome, cognome e titolo di direttore, e quindi telefonò con una certa indignazione a Tuttosport per protestare: ma qui trovò una barriera, tutti mi difesero, e dissero che avevo fatto bene ad esprimere un'opinione diversa ed anche a trattare con una certa durezza chi intendeva usare un certo tipo di linguaggio estremista e rivoluzionario, sia pure solo per pura polemica e con una punta di asprezza e di amarezza.
Fu un'estate un po' agitata, quella del 1965. Picchio De Sisti aveva 23 anni, e fu venduto dalla Roma alla Fiorentina per la bella cifra di 250 milioni, qualcosa come 50 milioni di euro, con la quale la società giallorossa aggiustò il suo bilancio disastrato. Per Picchio fu una fortuna, in quanto la sua carriera ebbe un'impennata e cominciò un periodo d'oro anche per la Fiorentina, in cui il piccolo genio dell'Alberone assunse il ruolo di regista impeccabile.
Certo, in assoluto, Ghirelli non aveva torto, perché Picchio avrebbe potuto fare anche le fortune della Roma, ma sicuramente il suo sacrificio servì a salvare la patria giallorossa in un altro senso, in un momento assai delicato. Il linguaggio di Ghirelli era fiammeggiante. Ricordo che quando andò in Cile per i campionati del mondo del 1960 i suoi articoli di critica non solo sportiva vennero messi all'indice dalla dittatura di Pinochet perché considerati dannosi per il prestigio del paese.
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