Fra le tante collaborazioni che ebbi subito dopo essere uscito dal Corriere dello Sport ci fu quella con "Telesera", giornale della sera tenuto nientedimenoché da Ernesto Brivio, "L'ultima raffica di Salò", vale a dire l'ultimo difensore di Mussolini prima della definitiva caduta dell'aprile 1945. Questo giornale, erede di un altro Telesera che spalleggiava il ministro Taviani, aveva preso in affitto un grande ambiente nei pressi di Piazza del Gesù, e durò cinque o sei mesi, giusto in vista delle elezioni politiche del 1965: dopodiché, praticamente cancellato dalla scena politica, chiuse i battenti anche della redazione, lasciando dietro di sé una lunga scia di giornalisti disoccupati.
Gli uomini della redazione sportiva di Telesera avevano accettato di collaborare al giornale non certo per motivazioni politiche, ma soltanto per esigenze di lavoro. Noi non avevamo nessuna linea politica da portare avanti, bensì il desiderio di fare qualche buon servizio sportivo per cercare di rimanere sulla cresta dell'onda nell'ambiente. A Telesera conobbi un eccellente collega, Ennio Barbadoro, che veniva dal Momento Sera, altro giornale che non veleggiava in buone acque: era proprio un periodo del tutto negativo per la stampa romana, e italiana in generale.
Mi ricordo che Gianni Minà, mio buon amico, mi consigliò di stare attento nella scelta delle collaborazioni: beato lui che, oltre ad avere grandi qualità giornalistiche, non era abbandonato a se stesso come me, ma aveva alle spalle una solida famiglia molto stimata nell'ambiente.
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