Ennio Barbadoro, invece, era un altro come me, senza radici. Era mio coetaneo, e aveva ottenuto due lauree alla Sapienza in attesa di trovare un posto di lavoro, possibilmente nel giornalismo,ma forse per questo eccessivo sfoggio di cultura non riusciva nel suo intento. Eppure Barbadoro era bravo, in due reggevamo le due pagine dello sport, formavamo un tandem funzionalissimo, e mi dava spesso un passaggio con la sua Seicento. Barbadoro era così bravo che a ventisei anni si era laureato in Giurisprudenza e in Scienze politiche.
Purtroppo Barbadoro, che stava per sposarsi, un brutto giorno ebbe un grave incidente automobilistico, nel quale le sue grandi speranze finirono stroncate insieme alla sua giovane vita.
Di quel periodo, dunque, mi rimase un ricordo particolarmente amaro. Mi ricordo che un giorno, a Telesera, venne a trovarmi un caro amico di Alatri, vecchio compagno di liceo, Piero Volpari. Appassionato di tennis, mi portò un buon articolo su questo sport, che fu regolarmente pubblicato. Ma Piero fu costretto a una lunga attesa e rimase un po' amareggiato. In realtà stavamo chiudendo l'ultima edizione del giornale ed eravamo in piena bolgia, sicchè non avevo potuto accoglierlo con la dovuta cortesia e amicizia. Volpari dovette farsi un'idea non molto positiva dell'ambiente, fatto sta che non si vide più.
Ma anche io, dopo qualche tempo, chiusi quella mia esperienza non proprio entusiasmante. Brivio mise a disposizione dei giornalisti quei pochi soldi che gli rimanevano nella liquidazione dell'impresa, ma io non volli neanche partecipare a quello che mi sembrava lo spolpamento di una carogna da parte di una schiera di avvoltoi.
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