A Trebisonda, e magari solo nel secondo tempo dopo una prima metà scellerata, si è vista una Lazio nuova: la Lazio dei giovani. La Lazio di Perea, di Felipe Anderson, di Keita, che hanno propiziato la clamorosa rimonta dall'1-3 mettendo le ali al vecchio Floccari.
Finalmente Petkovic ha osato, ha dato fiducia ai giovani: oh, se altrettanto facesse dietro, con gli Elez e i Vinicius: tanto, i vecchi sbagliano più di loro, tanto vale che facciano almeno un po' di esperienza questi ragazzi che promettono anche loro tanto avvenire. E nella primavera ci sono altri difensori giovani come Serpieri, Filippini, Pollace, da avere il coraggio di gettare nella mischia. Chi non risica non rosica.
Perea. E' piaciuto, ha dato profondità al gioco, ha fornito due bellissimi assist a Onazi e a Floccari per due gol importanti. E' ancora inesperto nel tenere la posizione e nel difendere la palla, ma è velocissimo ed aggressivo, lotta e ci crede. Petkovic dovrà lavorare molto per impostarlo e farne davvero un poderoso attaccante, col fisico da granatiere che si ritrova.
Felipe Anderson ha classe, e si vede. Ha avuto un paio di guizzi da vero campione. Nel finale, pur essendo stanco al suo esordio dopo quattro mesi di sosta forzata, ha messo in serio imbarazzo l'intera difesa del Trabzon. Felipe è ancora al 60 per cento, ma ha già fatto vedere il suo valore tecnico a centrocampo.
Per Keita sono bastati i quindici minuti finali per confermare ancora una volta che è un peperino imprendibile, guizzi da grande campione, tocco felpato e mosse feline. Ha pennellato per la testa di Floccari un calcio d'angolo che altro non chiedeva che di essere deposto in rete. E non è la prima volta che la Lazio va a bersaglio su un suo assist. E' il terzo grande campione che abbiamo, e bisogna saperlo sfruttare anche per brevi periodi di gioco perché può essere risolutore.
Torniamo da Trebisonda senza aver perso la medesima, cioè la bussola. Anzi, l'abbiamo trovata. E' l'orientamento giusto. Ora aspettiamo la stessa operazione-giovani anche in difesa. Nostro è l'avvenire, ma anche un po' il presente. Basta crederci.
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