Rosetta, di buon passo, tornò al suo paese, accolta con grande meraviglia e urla di gioia dalla madre, dal padre e dai fratelli che la credevano morta. Videro invece solo delle tracce di leggere ferite sul suo volto e sulle sue braccia, e la bambina li rassicurò: non era stato che un grande spavento, il drago l'aveva depositata delicatamente su una coltre di foglie e poi era scomparso dietro la montagna.
La bambina non disse nulla dell'uomo che era comparso al suo posto. Disse che il giorno dopo sarebbe tornata al pascolo, perché non aveva paura. Poi, senza farsi vedere, cercò un maglione, un vecchio paio di pantaloni e un paio di sandali di suo padre, li nascose in una borsa di paglia, e uscì di nuovo di casa per recarsi verso i pascoli della montagna.
L'uomo, coi fianchi avvolti nello scialle verde, la stava aspettando, e si rivestì rapidamente di quei vecchi indumenti che si adattavano alla sua corporatura. Ora sembrava un contadino come tanti, e si sentiva finalmente a suo agio.
- Grazie, Rosetta. Torna pure a casa tua, e non dire nulla di me. Forse domani verrò anch'io al tuo paese a cercare un lavoro, e voglio restarci per sempre, perché mi sembrate brava gente -
Rosetta salutò l'uomo quasi con affetto: - Ti aspettiamo - disse. - Ora torno rapidamente a casa, perché non voglio che si accorgano che io ti conosco -
- Ma questi panni...-
- Non preoccuparti, Damiano. E' tanto tempo che mio padre non li usa, non li ricorderà nemmeno più -
Rosetta si avviò a rapidi passi verso il suo paese, e nel giro di poco più di un'ora rientrò a casa senza destare alcun sospetto.
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