Rosetta aveva portato anche un po' di pane per l'uomo, perché potesse sfamarsi. Damiano aveva cercato intorno delle more e altre bacche, aveva trovato anche delle vecchie castagne e qualche mela selvatica, e si era dissetato alla sorgente. Dormì sul giaciglio di foglie su cui alcune ore prima aveva adagiato anche la bambina.
Il giorno dopo, mentre Rosetta tornava al pascolo con il suo piccolo gregge, l'uomo si spinse coraggiosamente a valle, e si diresse verso il paese di Castello di Monte. La gente lo guardava senza sorprendersi, perché sembrava uno di loro. Aveva un'aria dimessa e umile, e cominciò a chiedere intorno se qualcuno avesse del lavoro da offrirgli.
- Che cosa sai fare? - gli chiedevano.
- Ma...potrei fare il maniscalco, ferrare gli asini e i cavalli, potrei lavorare il ferro...-
Lo indirizzarono presso il fabbro ferraio, proprio all'uscita del paese.
- In effetti - disse il fabbro, un uomo robusto sui cinquant'anni - potresti essermi utile, ho del lavoro arretrato e il da fare non manca. Hai già lavorato in una fucina? -
- Il fuoco è il mio mestiere - disse laconico Damiano.
- Ebbene, puoi cominciare. Preparami del ferro battuto, poiché sto realizzando una cancellata. Non posso offrirti molto in cambio: cibo, alloggio qui dietro alla fucina, e quel po' di spiccioli che ti servono per le piccole necessità immediate. Poi si vedrà di migliorare -
- Grazie. Qual è il tuo nome? -
- Roberto.
- Io Damiano.
Si strinsero la mano, e il nuovo arrivato cominciò a lavorare con una certa abilità, come fosse stato da sempre il suo mestiere.
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