Le affidarono il controllo della farmacia, dove c'era anche un tavolo per poter consultare i libri e studiare, e nel contempo di rendersi disponibile in corsia, dove in effetti Diletta stazionava la maggior parte del tempo. Nell'ospedale lavoravano quattro medici nei reparti fonndamentali, e una decina d'infermiere, di cui due religiose, lei compresa. Quel piccolo mondo operoso e instancabile sembrava proprio quel che Diletta avrebbe più desiderato, ma soprattutto il contatto con la sofferenza da lenire, il dolore da consolare e la speranza da tenere viva erano il campo dove la giovane suora poteva espandere tutto il suo impegno e la sua vitalità.
La parte spirituale e religiosa della sua giornata era alimentata in modo ampio dalle ore dalla sera al mattino, ore di preghiera e di riposo ristoratore dopo le lunghe fatiche sostenute in ospedale, dove la sua figura agile e slanciata si muoveva con armonia, apprezzata e desiderata da tutti, medici, malati e infermieri.
Diletta sembrava nata per questo compito così importante e delicato, e la sua mente sveglia le consentiva anche di seguire i medici, di conoscere i malati e le malattie, di curare il male con sempre maggiore capacità. Le due ore del primo pomeriggio, quando in corsia si creava una calma relativa, poteva dedicarle anche allo studio: consultava i testi, l'atlante di anatomia, il manuale delle medicine. Nel corso di poco più di un anno poté sostenere perfino l'esame d'infermiera professionale con ottimo risultato e i complimenti della commissione, formata da tre docenti e recatasi appositamente all'ospedale per esaminare lei e altre due candidate laiche, pure promosse con buon esito.
I progressi di Diletta erano accolti con vivo consenso dal dottor Eusebi e dagli altri medici, che trovavano in lei un buon sostegno nelle loro fatiche.
Nessun commento:
Posta un commento