Undici anni, il padre è morto da pochi mesi, la madre ha altri sei figli, tutti giovani, sulle spalle. Il paese non ha le scuole medie. E' un ragazzo intelligente, deve in qualche modo proseguire gli studi. L'unica soluzione è il seminario.
Ma il ragazzo ha la vocazione, oppure no? Nessuno se lo chiede, neanche i superiori del seminario, che conoscono benissimo la media di riuscita: su dieci ragazzi che entrano, uno solo diventerà sacerdote.
E' esattamente la media che due grosse famiglie del paese hanno segnato: sei ragazzi in seminario i Pilozzi, quattro gli Jadicicco, un solo sacerdote, il bravissimo don Angelo Pilozzi.
Fatalmente, per il protagonista di questo racconto, dopo quattro anni, arriva il momento dell'addio, e neanche lui sa bene perché. Si è stancato della vita di seminario, nel suo cuore si sta probabilmente sviluppando il sentimento dell'amore, finora rimasto completamente nascosto.
Ma il ritorno a casa, assieme al fratello minore che era arrivato anche lui in seminario senza però neanche riuscire ad inserirsi, crea seri problemi alla famiglia, il cui unico provento è lo stipendio del figlio maggiore, di appena 24 anni. I due ragazzi gettano al vento un anno scolastico, poi il minore trova una sistemazione in un altro collegio più lontano, a Pescina, in Abruzzo.
Il protagonista, Luigi, per un anno viaggia in trenino da Acuto ad Alatri, dove frequenta il liceo-ginnasio Conti-Gentili. L'anno dopo si inserisce come istitutore nel collegio interno allo stesso Conti-Gentili, ha diritto al vitto e allo studio in cambio della custodia di una camerata di ragazzi più piccoli.
L'anno successivo viene licenziato, ma trova sistemazione, sempre come istitutore, presso un collegio di orfani nella stessa Alatri.
La famiglia, intanto, si è trasferita a Roma in un vecchio stabile in Via Carlo Alberto, presso il mercato di Piazza Vittorio. Sono sette persone che vivono ancora dell'impiego di Vito, il primogenito, partigiano a venti anni, e appena laureato in giurisprudenza: tutti stanno aspettando che almeno un altro figlio trovi lavoro.
Ormai anche per Luigi la via di Roma è segnata: cambia liceo, e da Alatri si trasferisce al Pilo Albertelli, l'ex Umberto I, vicino all'abside di Santa Maria Maggiore. C'è arrivato dopo lunghe peripezie, che non sono comunque finite.
Raggiunta la maturità nel liceo classico, si iscrive all'Università della Sapienza nella facoltà di lettere moderne. Ma il suo tarlo è il giornalismo sportivo: per seguirlo, rinuncia perfino a un posto al Banco di Santo Spirito, lasciandolo al fratello minore uscito anche lui dal collegio religioso.
Luigi avrà una parabola di giornalista sportivo breve ma intensa, prima al settimanale "Tifone" e poi al "Corriere dello Sport". Non avrà fortuna. Un po' per colpa del suo carattere fragile, un po' per le bricconerie di un caporedattore che non si sente sicuro neanche del suo posto. Da qui la decisione di concludere gli studi interrotti per sette anni, e di dedicarsi completamente alla scuola, come farà nel 1967 trasferendosi nel piccolo paese di montagna di Trevi nel Lazio, provincia di Frosinone.
Qui si conclude, per ora, questa vicenda, più interessante di un romanzo. Ma il seguito del racconto è subito in arrivo.
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