Io, intanto, mi stavo allontanando gradualmente dalle aule dell'università per accostarmi, altrettanto gradualmente, alla redazione di giornali sportivi. Il mio primo passo serio fu quello di presentarmi al "Tifone", settimanale satirico sportivo, che aveva la sua redazione in Via Capo Le Case 18, fra il Tritone e Via Sistina.
Il direttore era Riccardo Lalli, un uomo gioviale e dal cranio completamente pelato, che mi accolse con una certa attenzione dopo avergli spedito alcuni articoli di mia fantasia.
In breve, mi garantì un piccolo stipendio sulle 30 mila lire mensili, dicendomi che non avrei guadagnato di più se fossi stato assunto alle poste (dimenticando ipocritamente di aggiungere che non avrei avuto alcuna previdenza per il futuro e che potevo essere licenziato tranquillamente ad ogni minimo mutar di situazione, come poi alla lunga accadde: ovviamente, a me premeva soltanto sfruttare l'occasione per affermarmi, e questo mio desiderio veniva cinicamente colto al volo per spremermi come un limone).
Lalli mi affidò subito la redazione della pagina riguardante la Lazio: infatti mi ero presentato come tifoso biancoceleste, in un ambiente e in un giornale prevalentemente romanista.
Con Lalli lavoravano anche altri giornalisti, come il famoso Eugenio Danese della RAI, specialista in statistiche da cui ricavava tutta una scienza calcistica, o come lo spilungone Mario Zacco, noto come Marzac, esilarante esperto del pugilato con una rubrica assai divertente, altri giornalisti erano Sergio Roscani, i fratelli Enzo e Sandro Petrucci del Momento Sera, il primo gran romanista e il secondo sfegatato laziale. C'erano anche altri giornalisti come Enrico Camaleone e Cenzo Bianculli del CONI. Io ero il più giovane e anche il più promettente.
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