Sarà antipatico quanto volete: e infatti lo sta scontando. Sarà inviso alla platea biancoceleste, che non gli perdona di non aver vinto ancora un derby. Ma la stessa platea biancoceleste dimentica che Reja, negli ultimi dieci anni almeno, è stato l'allenatore che ha fatto conquistare alla Lazio un quoziente punti eccellente, una salvezza miracolosa dopo l'affondamento di Ballardini, e un quarto posto (a pari merito) l'anno dopo, con una squadra che certamente non valeva quel traguardo, portatore se non altro dell'Europa League.
I tifosi laziali dimenticano tutto questo, e azzannano Reja già alla prima sconfitta, disgraziata fra l'altro, con giocatori che si scontrano fra loro e si eliminano quasi per fare un dispetto.
Reja è stato sempre antipatico. Anche a me, fra l'altro, perché certe sue convinzioni e scelte non mi convincono. Ma poi guardo ai punti portati in fienile e rabbrividisco al pensiero di chi, come soluzione possibile ai mali laziali, arriva a proporre l'assai malinconico e poco energico Donadoni.
Donadoni, in mano alla tifoseria laziale, non durerebbe lo spazio di un mattino, e così altri nomi avanzati.
Io Reja me lo tengo, perché a proposito di risultati ha sempre reagito vigorosamente a una sconfitta, e per ogni sconfitta ha saputo ottenere almeno tre vittorie, cioè guadagnare nove punti in quattro partite.
Reja oggi ha in mano una squadra ancora magmatica, ma capace di fare bel gioco e di ubbriacare gli avversari per quei pochi momenti in cui riesce a giocare come può. Diamole il tempo di veder crescere questi momenti sì, e di aumentare il margine di sicurezza dei gol all'attivo per assorbire meglio le incertezze difensive, per ora inevitabili.
In questa Lazio, e in questo Reja, con tutto che sa rendersi così antipatico, noi ci crediamo.
Nessun commento:
Posta un commento