Due gennaio 1960. La Roma riprende gli allenamenti dopo la pausa festiva. Io sono puntuale all'esordio. Mi accolgono bene sia l'ambiente giallorosso che i colleghi.
Ritrovo il bravo Francesco Rossi del Messaggero, già mio collega al Tifone, e con la sua famosissima e malridotta Volkswagen Maggiolino al ritorno mi accompagnerà al giornale. Ecco un bravo collega di cui ho sempre apprezzato la serietà e l'umanità, unite a un romanissimo spiritaccio di amicizia e di goliardia.
Il mio vero esordio fu il lunedì successivo a un Roma-Udinese, in cui Giacomino Losi , detto Omino, piccolo grande campione della difesa, disputò un'eroica partita con la testa spaccata e fasciata, giganteggiando. De Cesari mi chiamò a parte e disse: - Devi scrivere un pezzo epico, decantando l'eroismo di Omino -
Io non mi feci pregare, e il giorno dopo il pezzo, con la mia firma, ricevette congratulazioni ed elogi, in particolare da Ennio Mantella famoso redattore di ciclismo, che chiese a Melillo chi fosse l'autore di quell'articolo così vibrante. Anche un po' fasullo, aggiungo io, in quanto pompato a dovere. Cominciai a capire quello che la gente voleva, anche se non lo condividevo completamente. Comunque Losi quel peana lo meritava davvero.
L'estate successiva fui incaricato di seguire tutto il precampionato della Roma ad Abbadia San Salvatore, sul Monte Amiata. Lì ebbi bell'agio di fare amicizia con molti calciatori romanisti: i vari Lojacono, divenuto un caro amico, Angelillo, Manfredini, Cudicini, Fontana, Carpanesi,Guarnacci, Pistrin, Orlando, Menichelli, De Sisti, Losi, Ghiggia: una rosa di grandi campioni.
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