Mi si aprivano orizzonti abbastanza incoraggianti, ma la mia mente era ormai rivolta altrove, anche perché la preparazione del latino orale richiedeva lo studio di una massa esorbitante di testi, tra cui l'intera Eneide di Virgilio: e Paratore era solito bocciare per un paradigma di verbo sbagliato tra i cinque che proponeva come domanda preliminare: posco, poscis, poposci, poscitum, poscere; pango, pangis, pepigi, pactum, pangere...
Per me era molto più bello cominciare a fare articoli di una certa importanza sulla Roma e sulla Lazio, o sulla politica sportiva e il CONI, l'atletica leggera e i campionati europei...Sul "Tifone" si firmava per lo più con pseudonimi, ma anche con la propria firma, e i miei esordi furono seguiti da una immediata affermazione.
I colleghi anziani, come Cenzo Bianculli , Enrico Camaleone ed Ennio Viero si chiedevano chi fosse quella nuova firma, e ricordo che il direttore Riccardo Lalli era molto cauto, ci teneva moltissimo che un giovane non si montasse la testa: una settimana ti portava alle stelle, e la settimana successiva sembrava che ti volesse stroncare e contenere. Il bastone e la carota come si fa per i cavalli.
Ma avere subito la tessera per la Tribuna Stampa, allo stadio, per ora il Flaminio, fra qualche anno l'Olimpico ancora in ristrutturazione, era per me una cosa davvero entusiasmante. E poi quelle trentamila lire mensili, un piccolo grande stipendio per un ragazzo poco più che ventenne, mi giustificavano della delusione provocata nei miei familiari per quello che si annunciava come un addio agli studi universitari.
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