Io mi affrettai a dare i primi esami senza neanche approfondire adeguatamente; diedi cinque esami nel primo anno, e il totale era di sedici esami, di cui alcuni (italiano, latino, filosofia, francese, filologia romanza) di durata biennale. Votazioni medie. Ma nella mia mente si stava facendo largo la volontà di fare il giornalista sportivo, e la mia attenzione si andava gradualmente spostando verso questo settore.
Ogni tanto incontravo vecchi compagni del Pilo Albertelli, che si erano orientati prevalentemente su giurisprudenza: qualche volta andai anch'io ad ascoltare le lezioni del grande Aldo Moro, o si poteva incontrare un altro insegnante famoso: Giovanni Leone.
Dell'Albertelli vennero a lettere in due: Achille Tartaro, che poi divenne assistente di Sapegno e si fece un grande nome come studioso del Leopardi, e Aldo Pinchera, che chiese la tesi di laurea con Giacomo De Benedetti sul poeta triestino Umberto Saba, e per completarla impiegò la bellezza di otto anni, tanto grande era il perfezionismo richiesto dal suo grande insegnante.
La facoltà di Lettere della Sapienza, in quegli anni, aveva raggiunto un livello altissimo di qualità, e la laurea aveva ancora un buon valore culturale: dava in pratica accesso immediato all'insegnamento, anche perché in quegli anni si stava preparando l'introduzione della scuola media obbligatoria, istituita ufficialmente nel 1962.
Ed erano anche gli anni in cui l'Italia, piano piano, stava trovando la via di una forte ascesa economica, che l'avrebbe ben presto portata fra le primissime potenze mondiali. Anche gli anni della "Dolce Vita", che si andava sviluppando intorno a Via Veneto, e che noi giovani di allora vedevamo e toccavamo quasi con mano, incontrando per le strade Fellini, Mastroianni e Anita Ekberg, oltre a De Sica, Blasetti, Renato Rascel, la Lollobrigida e Sophia Loren.
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