Il mio primo anno di università fu quello della neve. Quanta neve, a Roma, nel febbraio del 1956! Il percorso da Via Carlo Alberto a via Mamiani, all'arco di Santa Bibiana, fino al piazzale Tiburtino e a via De Lollis, era coperto di neve per oltre trenta centimetri, e io lo percorrevo a piedi come tutti i giorni, in un quarto d'ora in tempi normali, almeno in mezz'ora adesso, scivolando e pattinando con l'aiuto di un ombrello.
Avevo fatto amicizia con una ragazza argentina, e le spiegavo che quello della neve era un fatto eccezionale. - Dite tutti così - mi rispose - ma io sto morendo di freddo! -
Alla facoltà di lettere avevo ritrovato tre ragazze del Conti Gentili di Alatri: Maria Pia e Lisetta di Fiuggi, e Felicia di Alatri. Le prime due avevano scelto l'indirizzo moderno come me, Felicia invece si era data al più severo indirizzo classico, con tanto di greco da affrontare.
Avevamo grandi insegnanti. Intanto il latinista Ettore Paratore, brillante oratore, di cui erano famose le alzate d'ingegno piuttosto ciniche, come la celeberrima "Ave, Troja fumans !" che Enea avrebbe rivolto alla sua città al momento di lasciarla, e l'insegnante l'aveva rigirata alla studentessa che durante l'esame aveva chiesto di poter fumare una sigaretta ed era stata invitata a ripresentarsi al prossimo appello.
Molto più mite era il professor Natalino Sapegno, autore della famosa storia della letteratura italiana, e molto brillanti il professor Almagià di geografia e il professor Schiaffini di storia della lingua, il professor Luigi Macchia di francese, il grande Visalberghi di pedagogia, Luigi Ronga di storia della musica, Alberto Maria Ghisalberti di filologia romanza, Lionello Venturi di storia dell'arte , Giacomo De Benedetti di letteratura contemporanea, Ginzburg di storia medioevale, Nino Valeri di storia moderna, Jole Ruggieri Scudieri di lingua spagnola e tantissimi altri di cui mi sfugge il nome. Un vero Parnaso di grandissimi insegnanti e scrittori.
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