Tanto, alla fine, chi paga è sempre la squadra. Lo si è visto ancora una volta a Udine. Non trovi un arbitro che, magari per sbaglio, commetta un errore a favore della Lazio. Tutti contro. Si era verificato a Novara, gol di Kozak che ci portava sul 2-1, vittoria che sarebbe stata fondamentale per la Champions League. E invece, l'arbitro ci ha ripensato, il gol in un primo tempo accordato, ci è stato annullato. Tieni, Lotito, prendi e porta a casa. E ora porta a casa anche il gol beffa di Udine.
La Lazio, ultimamente, è come il tronco di un albero: tutti i cani sono autorizzati a pisciarci addosso. E questo lo dobbiamo in buona parte ai capricci di Lotito. Per 100 biglietti omaggio, la decima parte di una delle tante multe che la squadra becca quasi ogni domenica per piccole irregolarità dagli spalti, Lotito iscrive la squadra per le Coppe a Palermo, l'anno scorso a Firenze, come se fossimo una squadra di profughi e non la più grande polisportiva del mondo.
I tifosi della Lazio meritano rispetto, si stanno facendo un fegato grosso così. La stolta campagna vendite di gennaio ci ha tolto ogni possibilità di diventare veramente grandi. Abbiamo venduto Cisse, abbiamo venduto Zarate, abbiamo venduto Floccari, abbiamo venduto Sculli, abbiamo venduto Foggia, il tutto per una manciata di soldarelli per dei prestiti, e ci siamo affidati mani e piedi ai gol di Klose senza pensare che un trentaquattrenne avrebbe potuto avere delle pause anche prolungate. E i rincalzi dove stavano? E i gol chi li faceva? E' così, e solo per questo, che ci siamo giocati la Coppa dei Campioni.
Perciò basta, Lotito. Ti ringraziamo per quanto di buono hai fatto salvando la Lazio nel passato, ma ora possiamo anche rimproverarti per i continui capricci che inducono "quelli che contano" a mancarti di rispetto senza pensare che stanno mancando di rispetto a una gloriosa società e ai suoi due milioni di tifosi. Fermiamoci finché siamo in tempo, e chi ha un pizzico d'intelligenza la mostri.
Oggi dobbiamo pensare a battere il Siena, ma nessuno ci sta con la testa. Nelle orecchie ci rimbomba il fischio di Udine, con Marchetti a terra simbolo di una Lazio ormai stesa sul prato. Amen.
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