- Mi chiamo Pinocchio e amo l'avventura. Ho visto da lontano questo grande castello e ho voluto conoscere il suo padrone -
- Il padrone sono io, il mago Bieco di Torvilandia, e non gradisco l'intrusione di nessuno. Nessuno finora ha osato entrare dentro il mio palazzo. E tu ci resterai prigioniero finché non arriverà qualcuno che ti riscatterà! -
- Signor mago - rispose Pinocchio senza esitare - mio padre vive molto lontano, e poi è solo un povero falegname, non avrebbe neanche un soldo per potermi riscattare -
- Ma come! - si lasciò sfuggire Fido, il cane parlante - Mi hai detto che avete messo su una bella trattoria...-
- E' vero - spiegò Pinocchio - ma senza di me non credo che riuscirà a cavarsela -
- Poche chiacchiere! - gridò il mago Bieco adirato - Guardie! Portateli in carcere tutti e due, e legateli bene alle catene. Pane e acqua finché qualcuno non si farà vivo per riscattarli -
Le guardie obbedirono prontamente. Presero Pinocchio e Fido, e per lunghi corridoi bui e scalette scomode e strette li portarono in un carcere illuminato solo da una finestrella in alto fin quasi al soffitto. Inutilmente Pinocchio si dibatteva, ma si ritrovò legato con pesanti catene ai piedi che gli permettevano solo di compiere uno o due passi. Anche Fido fu incatenato. Le guardie si chiusero alle spalle una pesante porta di ferro e dissero: - Stasera vi porteremo pane e acqua per tutta la giornata di domani -
C'era solo una panca, oltre a un pagliericcio per dormire. Pinocchio si sedette a fatica, con le catene che gli pesavano, e maledisse il momento in cui aveva deciso di entrare nel castello.
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