Rido tra me a pensare a un mio ipotetico infortunio di gioco - in un momento in cui proprio non c'è niente da ridere, perché il Barcellona ha segnato. Stavolta il figlio più milanista mi folgora con una sguardo che, lo sento, mi trafigge e si inchioda come un coltello nella parete dietro la mia testa.
E ora, lo capisco perfino io, butta male. Il marito fuma una sigaretta dietro l'altra, i gatti di casa stanno immobili come sfingi, e anche il cane ha le orecchie basse.
Mancano cinque minuti, che speranza ci resta? Mi mangio le unghie, trepidante. Ma all'improvviso, il Milan ha la palla, corre, tira. "Goal!" ma come lo grida, mio figlio: è un ruggito, è gioia viscerale che io non capisco fino in fondo, ma mi fa sorridere e quasi mi commuove (qualcosa di così maschile in quell'urlo roco, non del tutto penetrabile a me, donna).
(da un articolo di Marina Corradi)
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