Pinocchio, tutto contento di non portare più le catene che lo legavano ai piedi, pensò subito di approfittare dell'ammorbidimento dimostrato nei suoi confronti dal mago Bieco. Ma come fare per uscire da quel carcere così arcigno?
La finestrella? Troppo in alto: non avrebbe mai potuto raggiungerla. Le mura? Erano di pietra viva, impossibile da scalfire. La porta? Era di ferro massiccio, impenetrabile.
- Prova a estrarre dal muro il mozzo della catena e a infilarlo sul cardine della porta - suggerì Fido, il cane parlante. - Può darsi che il muro si sgretoli un po' -
Pinocchio seguì il suggerimento di Fido. La catena, nel punto in cui era conficcata al muro, aveva un mozzo sottile che entrava giusto giusto in un punto in cui la porta di ferro era a contatto con la parete. Miracolosamente, il muro cominciò a sgretolarsi sotto la pressione del mozzo di acciaio. Lavorando con pazienza per oltre due ore, Pinocchio riuscì a scavare un pertugio dal quale usciva la luce del giorno, e che era sufficiente per consentire il passaggio prima a Fido e poi anche a lui, contorcendosi faticosamente.
Liberi! Ma davanti a loro c'era il fossato, largo dieci metri e profondo altrettanto. Il ponte levatoio non si vedeva, ma era sicuramente chiuso. Pinocchio non aveva paura del fossato: sapeva nuotare bene, e poi era di legno, no? e avrebbe aiutato anche Fido a raggiungere il margine opposto.
Detto fatto. Ma quando Pinocchio posò i piedi a terra, e stava per tirare un respiro di sollievo, vide davanti a sé il mago Bieco che sembrava lo stesse aspettando.
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