Salutai De Benedetti ed anche Pinchera. Beato lui che stava compilando la tesi su Saba, anche se aveva impiegato sette anni - quanto la Divina Commedia - e scesi le scale della facoltà di lettere con un grande senso non di amarezza, ma di orgoglio dentro di me. De Benedetti, con le sue parole, aveva scavato profondamente nella mia coscienza, e da quel momento mi sono sentito diverso, più convinto di me stesso e delle mie capacità.
I "Saggi critici" di Giacomo De Benedetti sono un libro meraviglioso, uno dei testi più belli e profondi che io abbia mai letto. Anche la sua storia sulla persecuzione nazista degli ebrei di Roma , "16 ottobre 1943", è un libro di pregevoli contenuti, rivelatore della grandezza morale dell'autore. Purtroppo De Benedetti si spense di lì a pochi mesi, e sicuramente non sarei riuscito a concludere la mia tesi con lui. Forse non ci riuscì neppure lo sfortunato Mario Pinchera, dopo tanta fatica, e avrà dovuto sostenere la tesi con il successore di De Benedetti, che fu Walter Pedullà.
Io invece mi orientai su un altro autore della letteratura italiana, il milanese Pietro Verri, scrittore illuminista del Settecento, commentando un suo saggio pedagogico "Memorie a mia figlia", per cui mi rivolsi al docente di pedagogia Aldo Visalberghi e alla sua assistente Maria Corda Costa, che s'interessò subito alla mia tesina introduttiva e mi promise che avrei concluso rapidamente la mia tesi.
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