martedì 19 ottobre 2010

L'istrice e il gatto - 22 - Storie di animali

La libertà selvaggia e la mansuetudine ipocrita. Tra questi due sentimenti, io preferisco quello dell'istrice. Niente a che fare con l'uomo. Se lo vedo, scappo e basta. Qualcuno dice che lancio anche i miei grossi spilloni a tradimento, ma vi giuro che non è vero, o se è vero è perché ci sarò stato costretto.
Meglio, comunque, della mefistofelica amicizia che il gatto mette in campo con l'uomo semplicemente per suo beneficio personale, senza un minimo sentimento di affetto. Già quella sua pupilla verticale non dice niente di buono e sembra richiamare qualcosa di diabolico.
Prova a carezzare un istrice. Il minimo che ti prendi è una bella punzecchiata.
Prova a carezzare un gatto. Lo sentirai ronfare di gusto, e questo ti fa pensare che anche tu ne provi gioia. Ma non è vero. E' solo che ci prova gusto. Tu per lui resti un perfetto estraneo, anche quando gli dai la porzione di cibo più gustoso, con la quale sfameresti uno o due piccoli orfanelli africani.
Ne vuoi la conferma? Prova a carezzare il gatto, ma contropelo, tanto per tua soddisfazione. Ti salterà subito agli occhi. Quella è la sua vera natura. Il gatto è l'animale più ipocrita del mondo, più dello scorpione, del quale conosci benissimo a priori le intenzioni.
Un giorno un istrice e un gatto s'incontrarono. Tra i due non è proprio possibile alcuna amicizia. L'istrice è un animale istintivo e sincero, non puoi mentirgli e lui non ti sa mentire.
- Puà, gatto! - fece l'istrice subito gonfiando i suoi spilloni. - Sta' lontano da me, non hai nulla a che vedere con un animale del mio tipo! -
- Lo so bene, compare Torquato - miagolò il gatto in un estremo tentativo di avvicinamento. - Se tu stai buonino, qualche buon boccone può toccare anche a te, invece di arrangiarti con i pasti alquanto disgustosi che ti procuri nel bosco. In fondo saresti anche carino, se non stessi sempre lì coi nervi tesi -
- Già, Mistò: con i miei spilloni la nonna potrebbe farci la calza per il tuo cappottino invernale - disse Torquato con grande disprezzo.
- Se sapessi a quante belle cose rinunci con la tua selvatichezza! - ripeté Mistò. - Il caldo del focolare, tanti bocconcini prelibati, sempre al centro dell'attenzione, il seno della padrona sempre pronto ad accoglierti; e poi, quando ti gira all'incontrario, un bel marameo e te ne vai per conto tuo -
- Già, Mistò: la tipica morale del gatto. Io non ho padrone e non mi vado strofinando tra le gambe di nessuno, senò sarebbero guai per lui. Amo la mia bella istrice e la mia bella foresta. L'ipocrisia la lascio tutta a te -
E nel dir così, Torquato spiccò un salto verso il bosco e scomparve, lanciando un suo spillone dalle parti del gatto senza coglierlo, così, solo per mettergli un po' di paura, e lanciando anche una risatina di scherno. Aveva sentito il richiamo della sua casa, della sua femmina e dei suoi piccoli. Nessuno lo comandava, nessuno gli cambiava il carattere e l'estro: solo la più assoluta libertà.

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