La mattinata era fresca, per essere un giorno di estate. Ma Pinocchio, col suo passo instancabile - si sa che i burattini non fanno gran fatica di muscoli e di nervi - era arrivato già un bel po' in alto, sui fianchi della montagna che era poi un gran vulcano.
Che bella, la Sicilia! Aveva ragione il Tonno Turiddu. Quassù la grande montagna, e giù si stendeva una bella città, Catania: Pinocchio, che non era mai stato nemmeno a Firenze, si meravigliava che tanti palazzi e tanti monumenti fossero tutti insieme in un solo posto. Pinocchio conosceva solo piccole borgate, poche case e poca gente, però tutti vicini e tutti amici...bè, insomma, c'era anche qualche nemico, ma che ci vuoi fare, così è la vita.
Pinocchio saliva, e la città era sparita alla vista, ma si allargava la visione del mare, bello, azzurro, infinito. Vicino alla riva c'erano dei grandissimi scogli, da qualche parte li chiamano faraglioni. Ma qui...
- Mio Dio - pensò Pinocchio - quelli sono gli stessi scogli che ho visto prima, gli scogli che Polifemo scagliò contro Ulisse! -
Mentra pensava così, una grande ombra gli si parò davanti. Pinocchio alzò lo sguardo e vide...vide Polifemo! Un gigante spaventoso, con un solo grande occhio sulla fronte, e per giunta ferito e cieco. Accecato da Ulisse! Ma tutto questo era accaduto...tremila anni fa.
- Sento dal respiro che c'è qualcuno vicino a me - disse Polifemo - Chi sei? -
- Sono Pinocchio, un povero burattino che non può essere vissuto nella tua epoca, o gigante Polifemo! -
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