Pinocchio camminò per un centinaio di metri , stando attento a non inciampare in qualche sasso o andare a finire in mezzo a una siepe.
Il lumicino si avvicinava sempre di più, finché non diventò la luce di una candela accesa dentro una stanza. La porta era aperta, ma Pinocchio bussò a un battente per farsi vivo a chi era in casa.
Sentì la voce di una bambina che gridò: - Chi è, a quest'ora? - e nel dir così la bambina si affacciò sull'uscio.
Quando vide Pinocchio, cioè un bambino come lei, disse: - Entra pure, ragazzino. Ma da dove vieni? Non ti ho mai visto qui sull'isola -
Pinocchio entrò. - Sono stanco - disse - Ho remato per cinque ore. Posso sedermi? -
- Siedi, siedi pure a quello sgabello. Come ti chiami? -
- Pinocchio -
- Che nome simpatico! Forse ti chiami Pino e gli amici ti chiamano così -
- No, no, mio padre mi ha messo proprio il nome di Pinocchio, come il pinolo di una pigna. Di un albero di pino, insomma -
- Proprio bello. Hai fame? -
- Sono stanco e ho molta fame. Però ho i soldi per pagare -
- Ma no, Pinocchio. Se sei bravo come dicono il tuo nome e le tue parole, qui sei a casa tua. Io mi chiamo Rosetta e sono la figlia del pastore Adelmo. Intanto bevi questo bicchiere di latte appena munto: ti farà bene -
- Grazie, Rosetta - disse Pinocchio tutto contento di avere avuto una buona accoglienza, che a quell'ora non si sarebbe davvero aspettato.
- Tra poco sarà ora di cena, e resterai anche tu. Da dove vieni? -
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