Piazza Margherita, la piazza principale di Acuto, è nata con un destino sbagliato: destinata ad essere vuota. A Piazza Margherita si va: non ci si passa. E se non c'è motivo di andarci, non ci si passa mai.
Eppure, a piazza Margherita c'era tutto. C'era l'ufficio postale. C'era la Cassa di Risparmio. C'era, almeno per un certo periodo, il Municipio. C'era la farmacia. C'era, proprio al centro, il monumento ai caduti. C'era una bella fontana. C'erano gli alberi, lo spazio per giocare, c'era il forno di Cencia.
Serviva forse altro perché la piazza fosse viva e animata?
Sì, c'erano le abitazioni, tutte ben costruite e armoniose, con facciate moderne e buona architettura, delle otto o nove famiglie principali del paese: i Perinelli, con Augusto podestà del paese; i Verdecchia, che al pian terreno ospitavano la Banca; c'erano i Pompili e i Longo; i Guidoni, antenati del futuro astronauta Umberto; c'erano i De Grandi e gli Anagni, i Ticconi e i Coria, altre famiglie tra le più attive e intraprendenti.
Eppure...un accenno di vita c'era stato soltanto nell'anticamera della piazza, tra la bella Chiesa di Santa Maria, il castello dei conti Giannuzzi Savelli, il torrione, ormai integrato nel palazzo dei Perinelli, e soprattutto la vivacissima osteria di Nannetta, della famiglia De Grandi. Ma appena si superava quell'osteria, percorrendo cinque
metri in lieve salita per entrare nella piazza vera e propria, cominciava il grande silenzio.
I bambini non osavano quasi giocarci. Non c'era l'atmosfera giusta. Qualcuno si azzardava a fare dei giri in bicicletta, ma c'era come il timore che non si stesse facendo la cosa giusta.
Ci voleva la piazzetta di San Nicola, cinquanta metri più dentro il paese vecchio, perché i bambini si animassero in cento giochi, le comari in cento chiacchiere attorno alla fontana pubblica, e i vecchietti in cento memorie sul vecchio muretto fatto apposta per incontrarsi, prendere il sole, tornare con i pensieri e le parole lontano nel tempo.
Piazza Margherita no: troppo severa, troppo austera, quasi il nido del potere, con quel
grigio monumento ai caduti che sembrava fatto apposta per incutere silenzio. "Acuto ai suoi figli immolatisi per la patria", recava la scritta, ma ormai le parole di bronzo erano smozzicate e non dicevano nulla al cuore.
Il guaio era che la piazza finiva lì, non andava in alcun altro luogo, non era al centro di nessuna vita. Solo di una vita un po' ingessata, tra l'odore di spezie della farmacia, le attese al telefono della posta, qualche persona nervosa allo sportello della banca, un impiegato frettoloso del Comune.
Tutto ciò non faceva mai piazza, e non la fa tuttora. Piazza è dove la gente s'incontra: e a piazza Margherita è come se la gente non s'incontrasse mai. Piazza è dove i bambini giocano. E a piazza Margherita i bambini non giocavano mai (continua).
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