domenica 25 luglio 2010

Il derby delle osterie - I miei ricordi 91

Nannetta contro Peppinella: questo era il gran derby delle osterie di Acuto.
Ma che osterie: materiale di lusso! Sempre piene come un uovo. Il vino, ad Acuto, è ottimo: quello bianco più di quello rosso cesanese. Il vino bianco di Acuto, leggero e aromatico, batte il rosso cesanese di Piglio, è più adatto per le osterie, il cesanese è troppo pesante.
E poi i locali: freschi da non credere in estate, ben riparati in inverno. Nannetta si spalancava col suo grottino proprio ai piedi della gran torre rotonda del castello, alle soglie di piazza Margherita, dirimpetto a Santa Maria: una bella visuale sull'Arco della Porta e sul lungo itinerario del Borgo. Posizione invidiabile, quasi nobiliare: del resto Nannetta era di ottima famiglia, i De Grandi, una delle migliori del paese. Una donna di mezza età, florida e gioviale, fatta apposta per attirare la clientela. E poi il suo magico grottino, con quelle enormi botti di vino bianco, che spesso anche le famiglie andavano ad acquistare a fiaschi e boccioni.
A Nannetta rispondeva Peppinella Merluzzi, cinquanta metri più giù, quasi a metà del
Borgo. Il locale era più ristretto, ma molto arieggiato, e con un terrazzo andava a sfociare sulla piazza oggi del mercato, allora invece un giardino odoroso di pini e di acacie.
Il vino dominante era sempre il bianco, anche questo delle vigne di famiglia; ma Peppinella aveva una clientela più selezionata, faceva anche pensione, era famosa soprattutto per i suoi minestroni ricchi di verdure e di aromi. I forestieri la preferivano per questo, e anche mio padre, che aveva il suo negozio di stoffe due o tre porte più giù, quando era molto impegnato o faceva tardi finiva per fare il pranzo da Peppinella, a cui era praticamente abbonato. Nannetta rispondeva anche lei con estemporanee bruschette o spaghettate, fettuccine per le grandi occasioni.
Era un derby eno-gastronomico di tutto rilievo, quello fra Nannetta e Peppinella. Un derby dal clima casareccio, quando il paese era vivo e popoloso, quando alberghi e ristoranti avevano un ruolo del tutto marginale e lasciavano via libera a queste manifestazioni paesane di benessere e di allegria.
In paese, infatti, c'erano anche altri locali, compresi quelli improvvisati delle fraschette: un privato che aveva prodotto del vino in sovrabbondanza era autorizzato a rivenderlo aprendo un locale provvisorio all'insegna di una frasca, un verde ramo d'albero, e finché il vino durava si potevano ospitare anche avventori che giocavano a carte, bevevano il loro quartino o facevano la "passatella", un gioco un po' dispettoso che impegnava tutto il gruppo, ed era ugualmente autorizzata la vendita spicciola alle famiglie. Si trattava sempre di ottimi vini, di produzione genuina.
Sotto casa mia ce n'erano due: una grande in via Vittorio Emanuele, e una praticamente a due passi, all'inizio del vicolo Gaudente. Ma raramente si assisteva a spettacoli di gente avvinazzata, perchè si beveva sempre con moderazione, anche perché di moneta spicciola ne circolava poca. E poi quasi tutte le famiglie producevano vino in proprio, sicché in fraschetta o all'osteria ci si incontrava più che altro per farsi una partita a carte o per raccontarsi fatterelli allegri. L'alcoolismo, infatti, ad Acuto praticamente non esisteva o era del tutto marginale.
Certo, allora automobile e patente l'avevano in pochissimi, quasi nessuno, e perciò non garantisco che avrebbero superato indenni l'esame all'etilometro (continua).

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