venerdì 9 luglio 2010

Il cinema del Professore - I miei ricordi 83

Uno dei fari della cultura di Acuto era il professor Martucci. Era un teosofo, e la sua figura gibbuta, alla Leopardi, era ammantata da un alone di mistero. Ma anche dai paesi vicini venivano studenti a frequentare le sue lezioni private, che spaziavano dall'italiano alla filosofia, e lasciavano in chi lo conosceva un profondo rispetto. Tutto questo, per un ampio periodo, che spazia dagli anni Trenta fino agli anni Cinquanta.
Appena terminata la guerra, il professor Martucci decise all'improvviso di passare dalla vita contemplativa a quella pratica, investendo tutti i suoi sudati risparmi nella costruzione di una sala cinematografica. Credeva infatti, oltre alle nove muse, anche alla decima, il cinema, che in quegli anni stava dando all'Italia i capolavori immortali del neorealismo, da Sciuscià a Ladri di biciclette.
Il professore, che era scapolo, acquistò così senza pensarci due volte una bella fetta di terreno tra la caserma dei carabinieri e l'edificio scolastico, e nel giro di pochi mesi diede vita a una simpatica costruzione in forma di villa, con abitazione al primo piano e un grande salone al pianterreno, da dedicare appunto alla proiezione di film addirittura a ritmo quotidiano, che, per una popolazione di circa duemila abitanti , per lo più poverissimi, era una vera esagerazione.
Per qualche mese la cosa andò avanti. I film erano belli, la gente era curiosa, il professore era generoso e pieno di amici. Si poteva resistere al fascino di un film come Roma città aperta?
Ovviamente la situazione non poteva reggere a lungo. I giorni di programmazione si ridussero via via, sino ad arrivare a un solo spettacolo domenicale. Ma l'affitto delle pellicole era costoso, e il rientro economico sempre più incerto e insufficiente, e con tutta la sua buona volontà il professor Martucci dovette cedere.
Acuto perse così la sua sala cinematografica nel giro di pochi mesi. Qualche altro mese andò avanti ospitando piccole compagnie teatrali di passaggio o qualche troupe di avanspettacolo. Poi vennero posti i cancelli davanti alla costruzione, che venne utilizzata unicamente come abitazione privata.
Un mio cugino, Claudio, direttore didattico in missione nella Svizzera italiana, pensò a questo punto di ritirarsi parzialmente ad Acuto, a cui era rimasto molto legato. Era amico del professor Martucci, e pensò bene di ripagarlo dei suoi sacrifici economici chiedendo di vendergli la costruzione per trasformarla in una villa privata. L'accordo fu raggiunto con soddisfazione di entrambe le parti. Claudio acquistò anche una porzione di terreno alle spalle dell'ex cinema, il magnifico orto di Giggio Ceneraro, e lo trasformò in un bel giardino.
La casa, in tal modo, passò da un docente ad un altro, per l'impensabile via dell'arte del cinema che solo per un po' aveva caratterizzato quell'angolo del paese. Ma ormai, con l'avvento della televisione, il cinema era destinato a penetrare ugualmente nelle case anche di gente umile come gli abitanti di Acuto, e la missione del professor Martucci poté considerarsi in buona parte riuscita. Era stato lui a far conoscere a tutti i capolavori di Rossellini e di De Sica (continua).

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