martedì 27 luglio 2010

La pranoterapeuta - I miei ricordi 92

Giggia Cutinitto era una formidabile pranoterapeuta. Era una donna grande e robusta, tipo Ave Ninchi; abitava al portone successivo a casa mia, su via Vittorio Emanuele, ed era un'ottima vicina di casa. Sua figlia Liliana, una ragazza bruna molto elegante e raffinata, già lavorava a Roma, ed era grande amica di mia sorella maggiore, Isola. Anche il primogenito, Filippo, era molto affiatato con il nostro primogenito, Vito.
Chissà chi le aveva dato quel dono, a Giggia: qualunque slogatura, qualunque distorsione, qualunque strappo, sottoposto alla magica cura delle sue mani, dopo alcuni minuti di attenta ricerca muscolare, si concludeva con un urlo bestiale. Ma più bestiale era l'urlo, più immediata era la guarigione.
Medici, al mio paese, ce n'erano pochi. Il medico condotto, dottor Vellucci, era bravo e popolare, ma non aveva certo le mani taumaturgiche di Giggia, alla quale il campo dell'infortunistica spicciola veniva lasciato completamente libero.
Una volta capitò a mio fratello Silvestro, uno scavezzacollo di primissima qualità: caduto da un albero, si era infortunato in modo serio alla caviglia destra, e non riusciva più a camminare.
Lo portarono, zoppicon zoppiconi, direttamente da Giggia, anche perché le scale di casa nostra erano talmente ripide che certamente non sarebbe riuscito a salirle.
Invece Giggia, proprio lì accanto a noi, era a pian terreno, e subito si mise all'opera, insensibile agli urli di dolore di Silvestro. Comunque, con la prodigiosa ricerca delle sue mani, lei riuscì subito a individuare il nervo che era andato fuori posto, e cominciò a massaggiarlo dolcemente per qualche minuto, inducendo alla calma e alla fiducia il paziente.
Poi, quando ritenne giunto il momento opportuno, riuscì a distrarre mio fratello, e, con un tocco secco e rapido, seguito dall'atteso, intenso urlo di dolore, riuscì a rimettere il nervo al suo posto.
- Ora riposati un poco - gli disse - e poi potrai ritornare a fare il diavolo a quattro come piace a te -
Mio fratello non credeva ai suoi occhi, ma era davvero guarito. Poteva poggiare bene la caviglia a terra e avvertiva appena appena un piccolo fastidio, del tutto sopportabile.
Il bello di Giggia era che non voleva nulla in cambio del suo intervento liberatore; le bastava la sola gloria del successo e l'ampliamento della sua fama di manipolatrice infallibile.
In qualche modo si trovava sempre come farle un pensierino di ringraziamento: ma questa è una prassi normale di buon vicinato, e chi ha qualcosa di personale da offrire non sta lì a guardare, se è un cesto di fichi freschi o una ricotta di giornata, come capitava allora in paese ed è oggi un po' più difficile anche nei piccoli centri, dove sono arrivati i grandi magazzini, ed è praticamente scomparsa la produzione agricola familiare.
E poi, diciamo la verità: chi si affiderebbe più a una vicina di casa per guarire da un infortunio, con tutte le cure mediche oggi facilmente raggiungibili?
Eppure, era talmente brava Giggia Cutinitto a farti guarire in cinque minuti, da indurti a pensare a un dono personale prodigioso, alla cui efficacia non si poteva resistere (continua).

Nessun commento:

Posta un commento