La Lazio esce sconfitta, non umiliata dal derby. Belle e significative le strette di mano leali dei giocatori a fine gara, vinti e vincitori con pari dignità. La Roma è più forte, ma la Lazio non è nell'abisso, è viva e vale: Roma e Lazio affiancate, in classifica, fanno 18, sono le più forti tra le cinque città dei derby: precediamo Torino con 17, Milano con 14, Verona con 10, Genova con 6.
Ma la Lazio vera, diciamolo, ancora non scende in campo. Un calendario così brutto non lo ricordavamo da decenni: sulle quattro squadre affrontate, ben tre, Juventus, Roma e Udinese, erano superiori alla nostra classifica, e quanto alla quarta, si trattava di quel Chievo che in undici anni all'Olimpico avevamo battuto una volta sola e a stento, 1-0 con una punizione di Mihajlovic sporcata da un autogol.
La Lazio ricomincia dopodomani all'Olimpico contro il Catania, un avversario terrorizzato da una classifica che odora di retrocessione. Siamo lontanissimi da quel Catania di Montella che ci insidiava in classifica, magari imponendoci una scoppola da 4-0 al famoso Cibali. Noi dobbiamo essere consapevoli che finora abbiamo fatto solo una superficiale comparsa, cullata ancora dall'atmosfera sognante del 26 maggio. Ma è arrivata l'ora di svegliarci e di fare sul serio, siamo un po' inguaiati in difesa ma siamo forti lo stesso. Là dietro dimentichiamo un po' i vecchi tromboni, gettiamo in campo forze nuove come Elez e Vinicius, diamo fiducia ai Cavanda, ai Cana, ai Konko: ora abbiamo perduto, oltre a Radu, Biava e Novaretti, anche l'infortunato Ciani e lo squalificato Radu, ma tra Lulic e Gonzalez un difensore aggiunto possiamo sempre improvvisarlo.
L'importante è che si svegli Klose, e che magari si dia nuovamente fiducia a un ragazzo in gamba come Keita: ai ragazzi come lui Petkovic può e deve dare fiducia, perché nei giovani in gamba è il nostro avvenire.
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