Il preside disse pubblicamente agli alunni che le sue comunicazioni erano la cosa più importante, mentre le spiegazioni e i discorsi dell'insegnante erano le solite "quattro pappole".
Da dove fosse nata questa storia delle "quattro pappole" non lo so: so solo che in certi ambienti attecchì. Una collega, che aveva un figlio in gravi difficoltà nella classe dell'insegnante più severa e drasticamente di sinistra, pensò bene di far cambiare sezione al proprio rampollo e di mandarlo da me, il professore delle "quattro pappole". Il ragazzo ne era proprio convinto, e venne nella nostra sezione sicuro di farsi una passeggiata. E' vero, i voti in italiano erano migliorati, nel senso che dal 3 erano passati al 4 e mezzo e perfino al 5 in orale, ma soltanto perché il metodo degli insegnanti era diverso: l'una era solita stangare e scoraggiare sistematicamente i peggiori, mentre io ero per la politica del lento, graduale recupero e possibile miglioramento.
Ecco da dove veniva la storia delle "quattro pappole", contro la quale solo il tempo e la ragione prevalsero ristabilendo la verità, a cominciare dagli esami di maturità che restituirono la realtà e le giuste dimensioni. La collega che si voleva giovare del "facile" a favore del figlio tentò in tutti i modi la scorciatoia per il 60 da attribuire al suo ragazzo, ma non tenne conto della serietà con cui venivano stilati i giudizi individuali, in base ai quali quel 60 diventava un vero miraggio, e un vero miraggio sarebbe stato il voto alto che riuscì a strappare grazie a compiacenze di vario tipo, a cominciare dal lavorio del rappresentante di classe che era della corrente di sinistra propalatrice delle "dicerie dell'untore" e disponibile a modulare giudizi e valutazioni grazie ad atteggiamenti molto lontani da ogni serietà e rispetto della verità. Le vere "quattro pappole" si ritrovarono da tutt'altra parte, non certo da chi si era sempre battuto lealmente per i meriti veri.
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