La logica avrebbe voluto che, oltre all'insegnante organizzatrice, accompagnasse la classe anche il docente d'italiano, quello che di solito ha il peso più notevole nell'impostazione degli alunni.
Purtroppo, il preside era sempre lui, quello che per tantissimi anni è stato in polemica con me (o, piuttosto, io in polemica con lui per i suoi metodi), e così non ebbe alcun rimorso nel designare un altro insegnante non del mio corso, politicamente impegnato in un certo senso. Per me fu uno schiaffo morale, che non ebbe conseguenze devastanti soltanto perché, in un certo qual modo, io me lo dovevo aspettare, e del resto rientrava nel sistema clientelare e paternalistico adottato da quella presidenza, che continuava a comportarsi impunemente sempre alla stessa maniera malgrado ricorsi e ispezioni a pioggia.
Come mai io resistevo e persistevo a stare nello stesso istituto retto da un preside così? Semplicemente perché io ero del luogo, insegnavo da un ventennio in quella scuola, e quel preside vi era giunto dopo tantissimo tempo, sia pure da una cittadina vicina. A me, dunque, non sarebbe convenuto cambiare scuola, e avrei dovuto fare come tutti gli altri: cioè accettare un metodo di comando tutto particolare, fatto solo di rapporti ipocriti e falsi,unicamente in base a una convenienza personale. Il preside, a un certo punto, lo disse apertamente: - Chi non accetta i miei metodi, può benissimo trasferirsi altrove -
Io lo feci solo negli ultimi sei anni del mio insegnamento, trasferendomi nella sezione staccata di Cave, dove avrei avuto il vantaggio di lavorare comodamente a cento metri da casa mia, senza più pendolarismo, se non in occasione di poche riunioni mensili, che erano le rare occasioni in cui avevo a che fare con quel preside per me così insopportabile.
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