Non era tanto la fatica fisica quanto il peso psicologico del modo in cui queste penosissime lezioni erano svolte. Avevamo sì dei registri, ma i ragazzi pretendevano che ci limitassimo a segnarvi le assenze e l'argomento delle lezioni svolte, essendo esclusa ogni qualsivoglia interrogazione, con appena una prova di controllo a quadrimestre scelta dall'alunno e non dall'insegnante.
Un'autentica burla. Il corso, per l'insegnante, era estremamente impegnativo: tutta la letteratura italiana dell'Ottocento e del Novecento, dal Foscolo fino ai contemporanei e al secondo dopoguerra, con l'ermetismo e il neorealismo; più pesante ancora la storia, che spaziava dall'Unità d'Italia fino alle due guerre mondiali, con analisi della rivoluzione russa, del Fascismo e del Nazismo, fino all'era postatomica e alla fine del colonialismo. Programmi appassionanti, certo, ma da preparare accuratamente, e da effettuare per non più di mezz'ora, perchè non più di tanto una platea sbadigliante e distratta, che aveva già seguito in maggioranza le elezioni del mattino, ti concedeva, permettendosi comportamenti distratti e talora anche apertamente critici, essendo anzi la critica ritenuta una prova di autonomia e d'intelligenza.
Per l'altra ora e mezza, tassativamente fino alle cinque, l'istituto era abbandonato sia dai dirigenti che dalla segreteria e controllato da un paio di bidelle assai disimpegnate, i poveri insegnanti erano costretti a fare i salti mortali per attirare un po' di attenzione ; dovetti mettermi perfino a leggere il destino agli alunni e ad analizzare per gioco i loro caratteri sfruttando le risposte a costellazione di tipo freudiano, o a leggere e comporre poesie per quei pochi alunni a cui questa attività interessava. Due anni è durata la mia resistenza a questo corso, e sono stati forse i due anni più sfibranti della mia vita d'insegnante.
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