Il corso, impostato con molta attenzione da parte mia, e svolto in modo semplice e chiaro sui concetti fondamentali, ebbe un esito positivo, e consentì all'insegnante di classe di completare in modo organico il programma dell'Ottocento, dal Romanticismo al Positivismo, integrandosi con precisione con il mio programma di recupero.
Manlio Maggi, che aveva una giovane nipote che frequentava la prima liceo, mi inviò in classe la ragazza ad ascoltare le prime lezioni e a riferirne il contenuto e probabilmente anche il tenore e la qualità delle lezioni. Questo mi diede un po' di fastidio, come se il collega avesse voluto giudicarmi. Probabilmente il suo rifiuto era scaturito non solo dal fatto che Manlio era molto ricco di famiglia, e il compenso non valeva davvero la gran faticata da affrontare, ma anche dalla tremenda paura che il bravissimo professore aveva quando si trovava ad affrontare qualcosa d'imprevisto. La nipote gli riferì che le mie lezioni erano molto chiare, ma anche molto semplici: non so se prendere quel giudizio come una lode o come una critica.
Di fatto, agli esami di maturità quella classe, che era rimasta orribilmente indietro rispetto alle altre due che componevano la commissione, in italiano riuscì a fare una buona figura e a riportare voti di spicco, per cui la segreteria del liceo, nel farmi avere il compenso a me spettante, mi rivolse anche un elogio e un ringraziamento, e altrettanto fece il Preside. Quel corso integrativo al liceo classico finì dunque per essere per me un motivo di orgoglio e un piacevole ricordo, che mi compensò della fatica supplementare affrontata.
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