Quella gita in Grecia con le quinte classi, nel 1980, mi fu concessa molto controvoglia da un preside col quale i miei rapporti non erano dei migliori. Sentendosi criticato da me per quasi tutto ciò che faceva, si guardava bene dal trovarsi in mia compagnia nelle gite all'estero, alle quali lui non solo non mancava mai, ma si portava dietro immancabilmente anche la moglie, segretaria in un istituto scolastico di Subiaco, i tre figli e soprattutto il nostro segretario economo, al quale si affidava mani e piedi per tutte le sue spese personali e familiari, commettendo una montagna di abusi e soprusi.
Quella volta, non so perché, dopo avermi negato la gita all'estero per una decina di anni, fu costretto a portarmi con la mia classe malgrado tutto il rancore che aveva nei miei confronti per le critiche a viso aperto che non gli facevo mai mancare. In realtà, anche stavolta non era potuto venire in gita il professor Manlio Maggi, che era il nostro uomo-guida nei viaggi culturali, e così l'unico professore proveniente da un liceo classico e a conoscenza del greco ero io. Forse fu proprio questo il motivo per cui il preside fu costretto a portarmi con sé, se non altro per leggere e decifrare i testi greci, o le insegne dei negozi, o le indicazioni stradali. Ma siccome il preside portava con sé soltanto insegnanti amici, io avvertivo pienamente un clima ostile nei miei confronti, e forse l'unica persona che si mostrò gentile con me fu proprio la moglie del preside, che io avevo conosciuto da ragazza come impiegata di segreteria quando anch'io ero al mio esordio nella scuola ed eravamo abbastanza amici.
Sulla nave che ci portava in Grecia da Brindisi a Patrasso io ebbi modo di scontrarmi con la maggior parte dei miei colleghi, tutti schierati in modo compatto dalla parte del preside.
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