giovedì 14 febbraio 2013

Anni di scuola: 98. La superiorità culturale

Non c'è nulla di peggio, tra colleghi d'insegnamento, di chi è convinto della propria superiorità culturale.
Ho avuto un collega, per lunghi anni, che era davvero superiore culturalmente. Le sue origini sociali erano molto modeste, era figlio di un artigiano, e sua madre era una brava casalinga.Ma la sua fortuna, se così si può chiamare, era tutta nel fatto di avere una zia ricchissima, rimasta vedova molto giovane e senza figli, che si era sistemata in casa della sorella, pilotandone la vita e quella dei suoi figli. In particolare il più giovane, il mio futuro collega: a lui aveva riservato tutte le sue attenzioni, su di lui aveva proiettato tutte le sue ambizioni, lo coccolava e lo viziava in tutti i modi, al punto che il ragazzo considerava ed amava lei più di sua madre.
La zia straripante di denaro e di affetto aveva riservato al nipote preferito un'educazione culturale superiore, spedendolo in un collegio di prima categoria. Il ragazzo aveva risposto con entusiasmo alle mire ambiziose della zia, strappando il ruolo di primo della classe e di enfant prodige destinato a grandi cose. Si era laureato in lettere moderne con voti brillantissimi, e aveva intrapreso la carriera d'insegnante nella media dell'obbligo senza fare mai concorsi, cominciamndo con supplenze annuali di educazione fisica, e infine diventando di ruolo nella media superiore in italiano e storia.
Una cultura spropositata, la sua. Conosceva l'arte in modo perfetto, visitava tutti i musei d'Europa, con comodi viaggi foraggiati dalla zia milionaria. Londra, Parigi, Vienna, Madrid, Pietroburgo, Praga e via dicendo. Il suo hobby era la pittura, coltivata in modo dilettantistico, ma non senza genialità nel disegno e nell'astrattismo.

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