Fu necessaria un'energica disinfestazione, che però fece effetto solo dopo una settimana, costringendo gli alunni a una vacanza prolungata appena qualche giorno dopo i dieci giorni della pausa pasquale.
Quando le lezioni ripresero, tutti gli insegnanti fecero i conti sul registro, e non ci volle molto per capire che quel ragazzo, figlio del proprietario dell'allevamento di trote, aveva in programma una pesante interrogazione trimestrale di ragioneria, per evitare la quale aveva immolato oltre una settimana di lezioni per trecento studenti.
Ma le prove provate non c'erano: ci si doveva fermare a un sospetto ben fondato, sufficiente per avere tutte le conferme, per rimproverare sia l'alunno che il genitore, ma senza possibilità di andare oltre. Insomma, il ragazzo la fece franca, e anzi da allora il suo nome rimase circonfuso da un alone di ammirazione da parte di tutti gli studenti. Il fatto era finito anche sui giornali, e purtroppo fu il precursore di altri episodi del genere un po' in tutte le scuole d'Italia nei mesi e negli anni successivi. Solo un esperto avrebbe potuto sapere che i vermi noti col nome di bigattini avevano la caratteristica di trasformarsi in schifosi mosconi nel giro di tre giorni.
Persino fra gli insegnanti, non furono pochi quelli che, silenziosamente, si congratularono con il giovanissmo sperimentatore, autore di una prodezza che aveva avuto l'apprezzato risultato di sette giorni di vacanza supplementare, graditi soprattutto agli insegnanti sottosposti a un pesante pendolarismo.
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