Si ritrovarono in Piazza San Marco in pieno carnevale. La grande piazza era piena di gente mascherata: duchi, principesse, streghe, maghi, cavalieri e dame, e poi tutta una serie di mascherine, Arlecchino, Mirandolina, Pulcinella, Pantalone, Colombina, dottor Balanzone, Rosaura, Gianduia, Stenterello, Rugantino, una quantità inverosimile e sempre mutevole di persone che nascondevano il proprio volto. E poi coriandoli in quantità, e stelle filanti: il suolo era ricoperto completamente di uno strato di briciole di carta. I piccioni dovevano faticare per trovare le tracce del loro mangime.
Ulderico, Lamberto e Remigio, tra le poche persone che andavano in giro con il loro vero volto, si divertivano molto, col cagnolino Monello, a giurare per la piazza e per le calli più vicine, a ridosso del Canal Grande che formicolava di gondole rivestite di bandierine colorate.
Pinocchio, invece, col suo naso lungo e il suo berrettino a forma di cono, veniva scambiato per una maschera come tutte le altre.
Stavano passando per una piazzetta vicina al Ponte dei Sospiri, e Pinocchio, a un tratto, si trovò di fronte...a se stesso. Già: una maschera si era travestita proprio con il suo costume, uguale uguale, solo con una piccola mascherina nera sugli occhi.
- Chi sei? - disse Pinocchio, trovandosela davanti.
- Sono Pinocchio, non vedi? - rispose la maschera.
- Pinocchio? E di dove vieni? - ribatté Pinocchio sbalordito.
- O bella, io sono di Collodi, in Toscana! -
- In Toscana! E il tuo babbo come si chiama? - disse Pinocchio, sicuro di non avere risposta.
- Il mio babbo si chiama Geppetto, ed è un falegname - disse l'altro senza esitazione.
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