Dopo l'impresa alle Olimpiadi, Pinocchio riprese con i suoi piccoli amici il mestiere di cantastorie, girando di paese in paese. Prima nella Grecia del nod, poi in Albania, infine lungo tutta la costiera della Dalmazia.
Impiegarono mesi e mesi, ma dovunque andassero venivano accolti con amicizia e simpatia. Il cagnolino Monello, col suo musetto intelligente e gli orecchi sempre all'erta, piaceva moltissimo ai bambini, che lo accompagnavano volentieri per un tratto di strada.
Visitarono molte città e molti paesi, che somigliavano un po' ai paesi del Veneto, perché erano stati fondati nei secoli scorsi dai veneziani che si espandevano per i loro commerci.
Infatti, dopo alcuni mesi di viaggio, si ritrovarono di nuovo tra gente che parlava italiano. Erano arrivati nella bella città di Trieste, abitata da molti italiani, ma politicamente sotto l'impero austroungarico.
La popolazione italiana di Trieste accolse Pinocchio, Remigio e compagni con vero affetto, specialmente quando cantavano quelle belle canzoni italiane.
Una sera, mentre stravano eseguendo "Va' pensiero", e una gran folla si era radunata intorno a loro con gli occhi lucidi per la commozione, un grosso poliziotto austriaco arrivò, e fece a Pinocchio e compagni il gesto di fermarsi.
- Non suonare questo inno...Vietato! E' contro l'Austria! - disse rabbiosamente. - Venite in caserma con me! E tu, burattino, non fare tanto l'arrogante! -
In caserma, un capitano con degli enormi baffi sequestrò gli strumenti musicali, fece loro un severo rimprovero, e li fece rinchiudere in guardina per tutta la notte, costringendoli a saltare la cena.
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