Il bastardino Monello, che all'inizio aveva paura dei grossi cani pastore, a poco a poco aveva fatto amicizia, e ora si divertiva a giocare con loro, che lo avevano preso in simpatia.
Dopo alcune settimane di viaggio, finalmente il tratturo sfociò in una grande strada regolare ed erano arrivati nei dintorni di Foggia, in una campagna ancora ricca di erbe e di verde.
- Qui vi salutiamo - disse Pinocchio al pastore Giovanni, un uomo robusto sui quarant'anni che era un po' il capo della comitiva.
- Che peccato! Siamo stati bene, insieme! - rispose Giovanni a nome anche degli altri pastori.
- Chi lo sa che non ci rivediamo? - disse Remigio, che si sentiva quasi un loro compaesano.
- Noi torniamo su ai primi di aprile: se volete, possiamo rivederci, perché noi ci fermiamo in questa bella campagna per circa sei mesi -
Si salutarono con parole amichevoli, ringraziando per la festosa compagnia, e i quattro ragazzi si diressero verso la città di Foggia, contando di riprendere i loro piccoli spettacoli nel prossimo paese che avrebbero incontrato.
La gente li accoglieva bene, Ascoltava volentieri quelle belle canzoni, e la ciotola di alluminio del cane Monello si riempiva di monetine. I bambini, poi, era difficile mandarli via, e Pinocchio doveva sempre fare degli sberleffi e delle mosse divertenti per strappare gli ultimi consensi e rimanere soli, magari per poter andare in un'osteria a mangiare qualcosa per la cena, una minestra calda e un po' di verdura. La notte dormivano nel loro carretto così bene atttrezzato, liberando il cavallo dopo averlo legato a una delle staffe in modo che potesse anche stendersi a riposare, ricoprendolo con una coperta.
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