martedì 17 luglio 2012

Pinocchio ancora burattino: 114. La storia di Remigio

Remigio, senza sapere perché, a Picinisco si sentiva come a casa sua. La lettera del vecchio cantastorie era stata consegnata al barone Carlo Fioretti, il quale aveva riconosciuto subito la grafia del fratello, emigrato in Francia più di venti anni prima assieme a una sorella più giovane, Margherita. I due non andavano d'accordo con il fratello maggiore, il barone Carlo.
Nella lettera si raccontava che i primi anni in  terra francese erano stati fortunati. Margherita aveva sposato un ricco mercante parigino, Albert Monteil, che aveva dato lavoro anche a suo fratello Antonio. Gli affari andavano a gonfie vele, Margherita era felice, anche perché, dopo tanti anni di attesa, finalmente era arrivato il loro erede, un bambino molto bello, di nome Remigio.
Un inverno, Albert e Margherita erano andati sulle Alpi, in Savoia, per una settimana di riposo, lasciando il piccolo Remigio allo zio Antonio. Una valanga, però, aveva travolto i due sposi felici, che erano rimasti sepolti sotto la neve e non erano stati più ritrovati malgrado avessero scavato a lungo.
Antonio, intanto, rimasto a custodire il piccolo Remigio, aveva visto il negozio di Albert fallire miseramente per colpa di speculatori imbroglioni, e aveva deciso di fare il suonatore ambulante col nome di Vitali per tirare avanti la vita, portando con sé il piccolo Remigio, che aveva appena un anno ed aveva bisogno di molte cure.
Remigio  non seppe mai che il vecchio suonatore ambulante fosse suo zio. Così era cresciuto fino a diventare capace di suonare anche lui la tromba e di guadagnarsi anche lui almeno un tozzo di pane. Giravano la Francia senza fermarsi mai, con il buono e con il cattivo tempo.  

 

Nessun commento:

Posta un commento