La mattina seguente, i quattro ragazzi riebbero la libertà e i loro strumenti musicali, ma ricevettero un foglio che li ammoniva a non suonare più inni politici e li obbligava a raggiungere al più presto la frontiera con l'Italia senza fermarsi in nessun paese lungo la via.
Affamati e amareggiati, Pinocchio e i suoi amici si diressero subito per la strada che portava in Italia, e precisamente a Venezia. Furono le giornate più brutte della loro esperienza, e solo quando arrivarono sul suolo italiano tornarono a respirare, a ristorarsi e a cantare.
- Mai più faremo un errore come questo - disse Pinocchio ai suoi amici, che erano stanchi e delusi. Avevano corso il rischio di perdere anche i loro preziosi strumenti, e per questo potevano anhe considerarsi fortunati.
Finalmente raggiunsero Venezia. Pinocchio rimase incantato nell'ammirare quella città così straordinaria, che rispecchiava i suoi bei palazzi nell'acqua dei canali. Ammirarono la grande piazza di San Marco, col suo maestoso campanile e la meravigliosa basilica, e tutti quei piccioni che si ammassavano per raccogliere il mangime lanciato dai turisti.
Pinocchio ammirava il suo lungo naso nelle acque del Canal Grande e sotto il Ponte dei Sospiri. Gli sembrava quasi che Venezia fosse la sua città, e si mise a giocare con i piccioni insieme al cagnolino Monello.
I ragazzi vollero fare un bel giro in gondola prima di rientrare nella piccola locanda dove avevano preso alloggio e lasciato gli strumenti, ma certo la vita a Venezia era molto costosa e loro non si sarebbero potuti trattenere a lungo, anche se era così bello.
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