Alla vigilia di Natale, finalmente, arrivarono a Picinisco, tra le montagne della Ciociaria. Lì c'era qualcuno che li attendeva: erano i giovani figli di una famiglia amica del vecchio suonatore ambulante coi capelli bianchi che aveva istruito Remigio. Si chiamavano Angelo e Giuseppe, e vollero conoscere Remigio, che consegnò loro una vecchia lettera: la teneva gelosamente custodita nella grossa fascia di stoffa nera che gli faceva da cintura.
- Venite al palazzo del conte - dissero Angelo e Giuseppe. - Sarete suoi ospiti per tutte le festività. E lo spettacolo musicale lo darete nel salone del palazzo -
Infatti il vecchio suonatore ambulante era il fratello del signorotto del paese di Picinisco: una famiglia nobile, di antiche tradizioni, che aveva un bel palazzo sulla piazza principale del paese, accanto alla grande chiesa. Il conte Carlo Fioretti era assente per impegni urgenti che lo trattenevano fuori Picinisco.
Il quartetto fu accolto comunque con grandissime feste. Avevano preparato loro una cena favolosa, e una grande camera con quattro letti, così potevano riposare e dormire e stare insieme tutto il tempo che volevano.
Il giorno dopo diedero il loro spettacolo nel salone del palazzo, con ospiti il sindaco, il farmacista e il parroco, con tantissime panche di legno per tutta la gente del paese.
Tanti applausi e grida di "Evviva! Bravi!", specialmente quando intonarono il "Va' pensiero" di Giuseppe Verdi, molto amato dalla gente. Le presentazioni del burattino Pinocchio, in perfetta lingua toscana, arguta e divertente, mandavano in visibilio la platea, che lo applaudì al grido di "Pinocchio! Pinocchio!".
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