Il vecchio era ormai malato e non reggeva più la fatica. Così Remigio, che aveva ormai dieci anni, lo aveva visto morire, con suo grane dolore. Il vecchio Antonio gli aveva affidato una lettera ben sigillata, da portare con sé finché non l'avesse consegnata al barone Carlo Fioretti in un lontano paese della Ciociaria, Picinisco.
Di paese in paese, Remigio, suonando la sua tromba, era passato dalla Francia in Italia, ma a un certo punto quella tromba gli era stata rubata di notte, mentre dormiva in un pagliaio.
Per sua fortuna, Remigio aveva incontrato Pinocchio e gli altri due piccoli suonatori, Lamberto e Ulderico. Sì, era stato davvero fortunato ad essere accolto così generosamente: al mondo non c'era soltanto gente cattiva.
Quando Remigio poté consegnare la lettera al barone Carlo, appena rientrato a Picinisco due giorni dopo il loro arrivo, il signorotto provò un tuffo al cuore. Aveva saputo che sua sorella, con il marito, era morta in modo tragico, e del fratello Antonio non si era saputo più nulla. Non sapeva neppure di avere un nipote, e pensava che quel ragazzino arrivato dalla Francia fosse soltanto un giovane allievo di suo fratello, del quale gli portava notizie.
Poiché il vecchio barone non aveva figli, quando lesse dalla lettera che Remigio era suo nipote fu molto contento, dimenticò gli antichi rancori familiari, e abbracciò Remigio e i suoi amici con grandissima gioia. Anche il burattino Pinocchio fu coinvolto in questa gioia: non sembrava davvero un burattino, malgrado fosse di legno, ed esprimeva dei sentimenti così vivi da apparire una persona vera. Anzi, un ragazzo d'oro, che aveva compiuto il miracolo di recuperare Remigio, il caro figlio di sua sorella Margherita.
Così, grazie a Pinocchio, Remigio, che non aveva più alcuna speranza, aveva almeno ritrovato la sua famiglia proprio nel momento più bello: quello di Natale.
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