Durante le interrogazioni, il professore veniva discusso apertamente: criticavano i suoi metodi, e alla fine presero addirittura ad usare le mani, reagendo fisicamente a qualche intervento troppo nervoso dell'insegnante oggetto delle loro contestazioni.
Un giorno la situazione precipitò, e i tre ragazzi, lasciandosi trascinare dalla rabbia, presero l'insegnante, che anche fisicamente era poco robusto nei loro confronti, e - si raccontò poi - lo appesero letteralmente per il risvolto della giacca al piolo di un appendipanni. Pronto l'intervento del vicepreside, che fu costretto a chiamare il locale comando di stazione dei carabinieri. Arresto immediato dei tre ragazzi, con tanto di manette, e approdo al carcere di Regina Coeli, dove furono trattenuti per quindici giorni, con grave scandalo di tutta la città di Palestrina e coinvolgimento anche delle famiglie dei ragazzi ribelli, famiglie di ottima reputazione per le quali l'atteggiamento così scapestrato dei loro figli risultava assolutamente incomprensibile.
La colpa dell'accaduto fu alla fine attribuita al comportamento dell'insegnante, carente dal punto di vista della disciplina, e trasferito ad altro compito ministeriale per non causare un brutale licenziamento. I ragazzi, viceversa, dopo la solenne punizione, dovettero solo accettare la perdita dell'anno scolastico, ma nel successivo poterono riprendere la frequenza e diplomarsi regolarmente.
Questo grave episodio è rimasto comunque unico negli annali delle scuole superiori di Palestrina, dove ha sempre regnato una buona armonia e un buon clima di tolleranza e di rispetto reciproco tra insegnanti ed alunni, salvo le solite immancabili piccole contrarietà presto dimenticate.
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