giovedì 15 agosto 2013

Anni di scuola: 180. Impegno e disimpegno

Un corso senza obbligo d'interrogazioni e di registro, impostato sulla semplice buona volontà che spesso manca agli stessi docenti: figurarsi agli alunni, liberati da ogni pastoia disciplinare. Davvero poveri insegnanti, alle prese con difficoltà di programma spesso esorbitanti, come quello d'inquadrare in pochi mesi tutta la letteratura italiana, e non soltanto, dell'Ottocento  del Novecento, e l'intero periodo corrispondente della storia, da Napoleone fino all'era atomica e al dopo Hiroshima.
Sì, l'epistemologia e Popper! Quello stesso formidabile insegnante, così preparato sul piano filosofico e scientifico, si distinse poi per il gran numero delle sue assenze, finché si convinse a rinunciare per non arrecare troppo danno a un gruppo di venti alunni che alla fine dovevano sostenere un regolare esame, scritto e orale, di fronte allo stesso titolare di cattedra della Sapienza.
L'umiltà e il  serio impegno di un insegnante finiscono, io credo, per contare molto di più dell'esibizionismo di termini filosofici non accompagnati da altrettanta serietà didattica. Un metodo d'insegnamento umile e costante finisce per fruttare, per gli alunni, molto più di un insegnamento cattedratico e distante. O forse sarebbe meglio dire "scostante". Il vero segreto dell'insegnamento sta nel "lavorare insieme" con gli alunni, giorno per giorno, difficoltà per difficoltà, imparando e insegnando via via con l'esperienza e la ricerca diretta. Queste sono le qualità vere che lasciano il frutto. Oltre queste, se c'è anche una cultura superiore, ben venga, ma senza esibizionismi.

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