Ho fatto spesso l'elogio, su queste pagine, dell'ambiente delle scuole superiori di Palestrina, dove si lavora con calma e serenità, dove il tessuto umano degli alunni e dei loro genitori è veramente affidabile, benché non manchi qualche controindicazione che proviene per lo più da un dirigente non sempre all'altezza o da un docente forse un po' disimpegnato.
Gli insegnanti che lasciano Palestrina, abbiamo anche detto, fatalmente la rimpiangono, specialmente se dopo si sono dovuti confrontare con il clima che regna in certe scuole di Roma.
Eppure anche Palestrina, ad un certo punto e in certe circostanze, ha avuto nella scuola qualche episodio terribile di violenza e di grande disagio. Accadde nella sezione geometri del locale istituto tecnico, e oggetto di grande contrasto, fino alla più cruda sopraffazione, fu un insegnante di discipline tecniche incapace di mantenere l'ordine in classe. In una quinta, dunque in una classe terminale impegnata nella preparazione degli esami di maturità, un gruppetto di alunni prese a contestare apertamente questo insegnante di origine sarda, molto preparato dal punto di vista professionale, ma purtroppo insicuro nel tenere in pugno la disciplina.
Questo insegnante, per rimettere le cose a posto quando non andavano bene dal punto di vista della condotta degli alunni, adottava misure drastiche di punizione, magari assegnando dei brutti voti di profitto. La classe reagiva in malo modo, e la situazione si andava sempre più deteriorando, malgrado il sostegno che a quell'insegnante dava il vicepreside, un uomo in gamba e molto rispettato.
C'erano tre ragazzi, specialmente, tutti e tre ventenni e quindi maturi, che si ribellavano apertamente alle decisioni che l'insegnante tanto discusso adottava nei loro confronti.
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