In serata i tre ragazzi, accompagnati dal cocchiere Giuseppe che chiese un permesso al principe Ascanio, fecero un bel giro in carrozzella per la Roma notturna, illuminata da artistici lampioni. Prima passarono davanti alla Fontana del Tritone, poi risalirono tutta Via Veneto, successivamente si fermarono a Fontana di Trevi, che li lasciò letteralmente sbalorditi. Infine fecero un giro per Piazza di Spagna, e anche qui gran meraviglia per la bellissima scalinata di Trinità dei Monti.
- Basta: rientriamo - disse Pinocchio. - Abbiamo visto tante di quelle bellezze che mi sento quasi ubbriaco -
- Sì - disse Ulderico - Lasciamoci qualcosa da vedere anche per domani -
- Per domani e anche per dopodomani. Ce ne sono ancora di cose meravigliose da vedere, qui a Roma - disse con orgoglio il cocchiere Giuseppe, che viveva nella capitale da trent'anni e ormai si sentiva romano .
Quando rientrarono, la moglie di Giuseppe, Gina, una simpatica donna ciociara, fece trovare loro preparata una buonissima cena, e poi tre bianchi lettini nella stanza adiacente alla scuderia.
- Devi spiegarmi una cosa, Pinocchio - chiese a un tratto Giuseppe mentre stavano cenando tutti insieme in allegria. - Chi ti ha insegnato a fare un così bell'inchino che ti ha guadagnato le simpatie del principe Ascanio? -
Pinocchio fece una risatina divertita. - Se sapessi, Giuseppe! Quell'inchino io l'ho imparato qualche anno fa, quando il burattinaio Mangiafuoco voleva bruciarmi per finire di preparare la sua cena. Anche allora quell'inchino funzionò. Mangiafuoco non solo non mi diede alle fiamme, ma divenne mio amico e mi regalò i famosi cinque zecchini d'oro da portare a mio padre Geppetto, per il quale quel gigante spaventoso aveva provato una grande pietà. Ricordi? Mio padre aveva venduto la sua giacca per comprarmi l'abbecedario, e io promisi di ricomprargliene una con i bottoni di diamanti. Che cattivo figlio sono stato! -
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