Cominciarono così il lungo viaggio verso le montagne dell'Appennino, facendo la stessa strada che avevano percorso due anni prima. Passarono per gli stessi paesi: la gente li riconosceva, li chiamava a nome, specialmente Pinocchio, e chiedevano che eseguissero le stesse canzoni di sempre.
Girarono un po' lontano da Roma, preferendo passare per i piccoli paesi di montagna e di collina. Impiegarono così i quaranta giorni che avevano previsto.
Erano i primi di settembre quando giunsero nella vallata di Picinisco.
- Siamo stanchi - disse Pinocchio. - Dobbiamo farci vedere in condizioni decenti, perchè con noi c'è il signor barone Remigio Fioretti, l'erede di una grande fortuna. Non possiamo presentarci come suonatori ambulanti e cantastorie cenciosi -
- Sì - fu d'accordo Remigio. -Per una notte possiamo fermarci in albergo, fare una buona cena, e domani mattina faremo un bel bagno e indosseremo i nostri abiti migliori -
- Il cavallo e il carro li lasceremo in consegna nel cortile dell'albergo, compreso il cane Monello - disse Pinocchio. - Penso che siano al sicuro -
Così fecero. L'albergatore li accolse con amicizia, perchè li aveva già conosciuti due anni prima, e tutti ricordavano quel gruppetto di ragazzi che formavano una piccola orchestrina.
Pinocchio pagò in anticipo due scudi d'argento, pensando che così sarebbero stati tratti meglio. Cenarono allegramente, dormirono profondamente, e al mattino si svegliarono come rimessi a nuovo.
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