giovedì 16 agosto 2012

Pinocchio ancora burattino: 143. Remigio raccoglie l'eredità

La carrozzella si fermò davanti al palazzo baronale dei Fioretti. Pinocchio e i tre ragazzi scesero, ringraziarono il cocchiere, e andarono a fermarsi davanti al grande portone.
Era chiuso. Dopo la morte del barone Carlo, che non aveva eredi diretti a parte Remigio, al palazzo erano stati posti i sigilli. Su un piccolo cartello era scritto questo avviso: "Rivolgersi al notaio Romeo Cristaldi, in via Cristina 14".
- Coraggio! - disse Pinocchio a Remigio, che era rimasto di stucco. - Andiamo a cercare il signor notaio -
Per fortuna, via Cristina si trovava non più lontana di cento metri, e il notaio Romeo sembrava che stesse aspettando.
- Gentile signor barone Remigio Fioretti - disse con aria ossequiosa al ragazzo, dopo che li ebbe fatti sedere attorno a un'enorme scrivania - ora le leggerò il testamento che la dichiara erede universale di tutte le fortune dei Fioretti -
E lesse un lungo documento che, per non annoiarvi troppo, riassumeremo in poche righe. Remigio, unico figlio della sorella del barone Carlo, ed essendo morto l'altro fratello senza lasciare figli, era chiaramente l'erede totale dei beni della famiglia: il palazzo, un grande bosco di castagni, un vasto territorio agricolo nel comune di Picinisco, e denaro depositato nel banco di Santo Spirito, nello stesso paese, per un totale di due milioni di lire, moneta del Regno d'Italia. Il testamento portava la data del 5 giungo 1897, cioè lo stesso anno in cui avvenivano gli ultimi fatti riguardanti Remigio, Pinocchio, Ulderico e Lamberto. 
In una  postilla del testamento, il barone Carlo, che aveva conosciuto i ragazzi e li aveva molto apprezzati, aveva lasciato scritto che ciascuno di essi avrebbe avuto diritto di ospitalità amichevole nel palazzo stesso, fino a quando Remigio Fioretti ne fosse stato il proprietario legittimo. 

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